di Pierluigi Gioia
Sono passati quindici mesi da quel tragico 22 giugno 2024, quando la vita di Catia Calisti fu spezzata da un terribile incidente lungo la Variante SS3. Dopo l’incredulità iniziale e il grande abbraccio che la città ha tributato ai congiunti e ai familiari, e alla serata musicale dello scorso 17 maggio, siamo andati a trovare Gianni Castagnoli, marito di Catia, che ci ha accolti nella loro casa, in splendida posizione panoramica verso la pedemontana e il crinale appenninico, dove hanno trascorso 14 anni di vita coniugale. Il paese porta lo stesso nome di Catia: Case Calisti. Ma tutta la casa, che Gianni ha lasciato esattamente com’era quel giorno in cui lei non vi fece ritorno, ogni suo muro, ogni sua porta, ogni suo quadro, ogni suo mobile emana la forza vitale di Catia, quell’entusiasmo di vivere – e vivere soprattutto per gli altri – che l’ha guidata nei suoi brevi ma intensi 57 anni di vita.
Ma la cosa più stupefacente, entrando nel bell’appartamento è vedere così tante foto del loro matrimonio, che fu celebrato a Morano, il 30 agosto del 2010. Certe pareti ne sono praticamente coperte e, in ogni foto, Catia sprizza gioia da ogni espressione.
Ma perché così tante foto del vostro matrimonio, Gianni?
Perché era quello che dava finalmente senso alla sua e alla nostra vita. L’ho capito solo dopo. Inizialmente non l’avevo percepito. Io e lei ci conoscemmo al mio ritorno da Sassuolo, dove avevo vissuto sin dall’età di 5 anni, come vi ho raccontato un’altra volta. Era il settembre del 1981: io andavo a prendere mia sorella, che faceva la seconda media, e lei, che faceva la terza, mi aveva notato. Io ero poco più che diciottenne. Un giorno, si fece coraggio e mi chiese l’ora. Da lì, iniziammo a parlare e lei notò subito il mio buffo accento emiliano. Ma poi sbocciò qualcosa, subito e iniziammo a frequentarci, ad uscire insime. Lei già faceva delle serate, in cui cantava: aveva iniziato a soli 12 anni. Quando ne ebbe 15, andava spesso fuori e io l’accompagnavo. Anch’io dovetti allontanarmi per fare il militare, però.
E qui Gianni trae da un cofanetto una lettera, scritta con una bella grafia da adolescente degli anni Ottanta. datata 24 settembre 1983. Catia scrive: “Amore mio, sono passati venti gioni da quando sei partito e già mi sembra un secolo. Ti prego: telefonami. Ho tanta voglia di parlare con te. E non passa giorno, non passa ora che il mio cuore non ti cerchi nei miei pensieri. Ti amo, Gianni: tra noi due è scoppiato qualcosa di forte.” In un’altra lettera, legge due righe, con gli occhi lucidi: “”Vorrei star qui a scriverti per ore ma domani ho un’interrogazione di storia e non vorrei prendere un quattro”. Dopo la scuola media, aveva, infatti, continuato all’istituto magistrale.
Il vostro rapporto è, dunque, iniziato già da giovanissimi…
Sì, e se fosse stato per Catia, sarebbe continuato. Ma io ero giovane e non capivo. Lei era una ragazza tutta d’un pezzo, molto seria e sapeva bene quello che si poteva fare e quello che non era ancora il momento di fare. Io, come molto spesso i ragazzi, ero molto meno sensibile a questo tipo di discorsi e finii per lasciarla, per andare a posarmi su qualche altro fiore. Le nostre vite si separarono ma lei non dimenticò mai i sentimenti che provava per me.
E poi cominciò l’epoca dei successi…
A dire il vero, già mi era capitato di accompagnarla per tutt’Italia a delle serate. Ricordo, una volta, un incredibile tour de force fra Napoli, Palermo e Venezia in soli tre giorni. Già cominciava a guadagnare bene ed ogni soldo, poi, lo utilizzò per rimettere a posto questa casa. A metà anni Ottanta, iniziò l’epoca dei successi televisivi. A dire il vero, sarebbe potuta iniziare anche prima; ad esempio, un produttore della casa discografica Fonit Cetra le aveva proposto un contratto che l’avrebbe riempita di soldi ma l’avrebbe obbligata ad andare a vivere a Roma. E lei rifiutò per non lasciare la famiglia.
Nell’86, però, ci fu la sua scoperta da parte di Pippo Baudo…
Già. Catia diceva sempre che Pippo Baudo era una persona seria; una delle poche in un ambiente, come quello del mondo dello spettacolo, dove spesso, per avanzare, bisognava essere disposti a scendere a compromessi con le proprie regole morali. Lei non l’aveva mai fatto e non erano tante le persone come lei, specialmente belle ragazze. Dopo la vittoria a Fantastico 6, fra l’85 e l’86, aveva partecipato ad Italia mia, su Rai 1, nel 1986, con Sammy Barbot; nell’87 finì addirittura in Lussemburgo, su DRTL come cantante rappresentante della compagine degli Umbri nel mondo. Partecipò, poi, a Uno Mattina nel 1988, come cantante solista, poi a Servizio a Domicilio fra il 1989 e il 1990. Fu poi in tournée con il complesso Le Compilations a Domenica in del 1991. Aveva, intanto, incominciato a studiare canto lirico al conservatorio “Rossini” di Pesaro, dove si diplomò, come soprano, nel 2003.
Peccato per la mancata partecipazione a Sanremo…
“Già. Perché, in realtà, sarebbe stata Catia a dover parteciparci come vincitrice di Fantastico, ma la casa discografica, per cui lavoravano lei e l’avversaria, decise di mandare quest’ultima a Sanremo per ‘sfruttare’ entrambe le cantanti. Ma poi, la Bussotti non passò le selezioni…”
Ma, intanto, le vostre vite si erano separate…
Sì,non aveva avuto nessuna relazione fortunata. Lo seppi solo dopo, ma lei pensava ancora a me ma, seria com’era, si era fatta da parte. Io, infatti, mi ero sposato ed avevo avuto Luca ed Alessia ma, poi, il mio matrimonio era entrato in crisi. Ero io che l’avevo persa di vista. Lei, intanto, faceva concerti di musica classica e leggera e dal 1999 al 2006 aveva insegnato alla scuola di musica di Gualdo. Tutti i suoi allievi la ricordano per la sua disponibilità e per la sua bontà. Catia era davvero una persona buona, altruista, profondamente credente: pensava sempre prima agli altri e poi a sé.
Ma com’è avvenuto il nuovo incontro dell’età matura?
Com’era avvenuto la prima volta, anche stavolta fu lei a fare la prima mossa.” E qui si alza e corre a prendere il suo diario, ritrovato all’indomani della sua morte, in cui trova spiegazione di tanti retroscena che lui stesso ignorava. “Gualdo non è una città, è un paese e le chiacchiere corrono. Era stata informata che io mi ero separato da mia moglie e avevo ottenuto il divorzio. Quindi, telefonò a mia madre che, sin da quando era una ragazzina, l’adorava. E, dopo una lunghissima chiacchierata, ebbe la conferma che non era una chiacchiera, ma la verità.
“E così, un giorno, che io ero a fare spese con i miei figli, lei mi salutò e ci accordammo per una pizza”. Dalla lettura del diario, Gianni ha capito quale fosse l’attesa fervida per questo evento, che si realizzò solo con un paio di settimane di ritardo. Scrive Catia nel suo diario: “Gianni è l’unico uomo che io abbia amato in vita mia” e, dal 2006, poter finalmente realizzare la storia, interrotta in epoca giovanile ma poi tanto attesa e fantasticata, fu una situazione che la riempì di nuovo entusiasmo.
L’epoca in cui approdò all’insegnamento nelle scuole?
Esatto. E l’epoca in cui, finalmente, ci sposammo. Posso dire con orgoglio di essere stato l’uomo che le ha regalato il primo anello, quando era appena una ragazzina, e l’ultimo, la fede nuziale. Ecco perché la casa che lei ha arredato è tappezzata di ricordi di quel giorno: lei mi aveva aspettato – in tutti i sensi – per tutta la vita ed ora, finalmente, poteva avermi. Veramente, quando un uomo è giovane capisce poco! Io non rimpiango nulla della mia vita, perché non avrei avuto Luca ed Alessia, che Catia ha subito adorato come fossero suoi figli, anche se non siamo riusciti ad averne di nostri. Così come adorava Alessio, il figlio del fratello, e Rebecca, la mia nipotina, figlia di Luca, cui ha pure insegnato, con enorme pazienza, a suonare il pianoforte. Ma certo: da giovani non si coglie il senso delle cose…”
E qui si alza per mostrarmi una barchetta di carta realizzata dai suoi alunni di Nocera Umbra, con tanti cuoricini e tante belle parole per quella prof che proprio non riusciva ad essere severa e che, qualche volta, aiutava i suoi stessi alunni a fare i compiti per il giorno dopo fino a tarda sera.
“Catia è stata davvero una persona speciale, tutto cuore, ma anche seria, giusta, a volte anche severa con sé stessa in base ai suoi incrollabili principi morali. Una persona che ha dedicato la sua vita agli altri e non al successo, che pure avrebbe potuto raggiungere senza difficoltà e che invece ha sempre subordinato ai suoi affetti e ai suoi cari.
Ed ora, la sua casa, piena dei suoi tanti cimeli, dei suoi vestiti di scena, delle sue scarpe, dei suoi tanti spartiti, è tanto vuota, è tanto silenziosa. Ma lo spirito di Catia aleggia ovunque e sorride in tutti quei ricordi: dalle foto in bianco e nero della sua adolescenza, ai suoi quadri, alla bomboniera per il matrimonio da lei personalmente realizzata. Un museo di ricordi con un custode d’eccezione, Gianni, che tutti li conosce a memoria e li conserva nel suo cuore. “Non ha voluto, in vita, mai lasciare Gualdo Tadino perché l’amava” conclude “Per questo, ho voluto donare in sua memoria un defibrillatore alla scuola media Storelli, dove lei avrebbe tanto voluto insegnare, ed ho assicurato ogni anno, finché vivrò e potrò, una borsa di studio di 1000 euro per l’istituto. Speriamo ora che Gualdo Tadino non la lasci cadere nell’oblio e che la ricordino soprattutto i giovani, a cui lei voleva tanto bene e a cui ha dedicato, per promuoverli, così tante energie…”.
