Intervista alla “Inimica de li gualdesi” – A colloquio con Natascia Catani

di Elisabetta Scassellati –

Ogni anno si attende di vederla, quasi la si aspettasse. Poi eccola arrivare, lei, il simbolo della storia gualdese, quella donna leggendaria che incanta e affa­scina tutti, una bellezza senza tempo, una donna che combina passione e ribellione, la Bastola.

Chiamata così in senso dispre­giativo dagli abitanti della città di Gualdo, Bartola – secondo la leggenda – rimase orfana all’età di quindici anni, con­siderata incline ad atti di stre­goneria, magia e delinquenza. In quel tempo nel territorio di Gualdo imperversavano assas­sini e rapimenti di fanciulli per torbidi scopi. I poveri abitanti erano disperati e tormentati, le loro case saccheggiate e c’era anche chi, con la tristezza in cuore, decideva di lasciare la casa natia per trovare tranquil­lità altrove.

Per alcuni la ragione di un si­mile “terrore” veniva dall’odio della vicina Nocera, che non aveva mai accettato l’indipen­denza della città e lottava se­gretamente per riportarla sotto la sua giurisdizione. Leggen­da racconta che gli abitanti di Nocera avevano assoldato la Bastola per spargere terrore nella nemica città di Gualdo. La donna era considerata incar­nazione del demonio e capace di assumere sembianze anima­lesche, e nelle notti medievali si macchiava di macabri rituali e omicidi nei boschi adiacenti.

Si narra di una fanciulla di nome Cecilia, costretta a vivere nel Monastero di S. Pietro in Val di Rasina, per sfuggire alle atrocità della città e al violento nipote del conte di Grello, che la voleva per sé. Su Cecilia, considerata da tutti orfana, vegliava un uomo buono e onesto, custode del monastero di S. Pietro, padre sconosciuto della fanciulla, che l’aveva portata nel convento da bambina per sfuggire alle ire della segreta madre, la Bastola, a cui il buon uomo si era legato in matrimonio in giovane età. Ma in quegli anni per lei non era più tranquillo nemmeno il monastero, per questo il custode aveva chiesto protezione al Conte Oddone dei Brancheforti, che viveva nel Castello vicino di Valdigorgo.

Nella dimora del conte Cecilia s‘innamorò di Gualdefrido, ma il nobile di Grello, infuriato per il rifiuto della fanciulla ordinò alla Bastola di rapire la fanciulla e bruciare l’inte­ra città di Gualdo. Una notte di marzo del 1237, la don­naincendiò Gualdo, entrò nel castello di Valdigorgo e rapì Cecilia, conducendola nei sotterranei della Rocca Flea. Il giovane riuscì a liberare Cecilia e a catturare la Bastola, che venne legata ad un palo nel centro della vecchia città e messa al rogo.

Ormai dal 2010 interpretata magistralmente da Natascia Catani, la Bastola, donna colta e bellissima dagli occhi neri e dai capelli dorati è simbolo della città di Gualdo e de I Giochi de le Porte. Eccola dunque sfilare, durante il cor­teo 2018 di Porta San Donato su di un enorme destriero smagrito in un panorama di desolazione. La Bastola è stata rappresentata come allegoria della morte ispirata all’icono­grafia della “cavalcata della morte “in carestia, abbastanza frequente nella cultura medievale che si ritrova anche nel pieno Rinascimento con Bruegel.

Natascia, quest’anno la Bastola ha incantato il pubblico. Un carro maestoso, triste e cupo come la morte, ma al contempo meraviglioso. Tu eri su questo enorme carro truccata in maniera molto particolare.

“Si, fare la Bastola è per me un onore. Mi presto a quello che i responsabili di corteo decidono di farmi fare e quest’anno, devo dire che il trucco è stato particolarmente impegnativo. Per trasformarmi in scheletro, ben tre estetiste di professio­ne, mi hanno truccata con tecnica di body painting per oltre tre ore, seguendo un libro di anatomia. Tutto il mio corpo è stato dipinto, tanto che non nego di aver risentito un po’ del freddo della sera, indossando solo una fascia a coprire il seno e dei pantaloncini in linea con quelli del tempo oltre ad una gabbia toracica in materiale poliuretano.

Il viso è stata la parte più laboriosa perché ben doveva ren­dere la morte e l’inespressività. Portavo una calotta in lat­tice a nascondere i capelli e delle lenti a contatto bianche”.

Cosa provi, cosa pensi, mentre sfili con tutte le persone che ti guardano curiose di sapere come sarai e cosa fa­rai?

“Non penso a nulla se non a quello che rappresento e come interpretarlo al meglio. Se pensassi a quante persone mi guardano, non riuscirei a far nulla data la mia timidezza. Eppure, quando sono nelle vesti della Bastola, cerco di im­medesimarmi e rendere al meglio il personaggio”.

Tanti anni, tante rappresentazioni della Bastola, quale ti ha emozionato di più?

Tutte. Ogni anno una emozione. Dalla prima nel 2010 con catene a polsi e caviglie, alla Bastola nella gabbia, a quella nell’Inferno dantesco, a lei donna Drago sconfitta da San Michele Arcangelo, a quella che ai piedi ha i morti, fino alla morte di quest’anno. Prima la Bastola era solo una donna che sfilava vicino ai giocolieri, poi da ormai qualche anno inserita nel tema sfilata.

Cosa ti ricorderai, un giorno, quando non interpreterai più questo ruolo?

Quando la Porta deciderà di affidare ad un’altra persona il mio ruolo, sicuramente ricorderò con piacere e orgoglio l’essere stata io, per alcuni anni, ad interpretare la strega simbolo di Gualdo, ma soprattutto terrò nel cuore lo sguar­do dei bambini, increduli e a volte spaventati nel veder­mi, preoccupati anche che poi una donna venga bruciata. Quest’anno infatti una bambina si è messa a piangere pen­sando che davvero bruciassero me e non il fantoccio della strega!

La loro emozione è la mia emozione”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto