Necessarie alcune precisazioni

di Valeria Anastasi –

Nelle due occasioni di presentazione del progetto proposto dall’azienda Rocchetta per il ripristino dell’area, il 3 gennaio, mediante conferenza stampa presso la Regione Umbria e il 10 gennaio presso la sede dell’azienda a giunta e consi­glieri comunali, è stato pubblicato un video esplicativo del progetto stesso.

Dall’osservazione emergono una serie di osservazioni e necessarie precisazioni a co­minciare dalla somiglianza con il progetto già presentato dall’azienda Rocchetta nel 2014:

∙ Proprietà della Valle: i terreni della Val­le del Fonno dove insistono i pozzi e su cui il progetto di un’azienda intende intervenire sono proprietà collettiva, così come il baci­no idrico (legge 168/2017). Questo implica che necessariamente i proprietari vanno coinvolti in primis, altrimenti si configura un esproprio che non risulta ne richiesto e né tantomeno assentito; l’azienda ha sem­pre dichiarato di non voler trattare con la Comunanza Agraria, ente esponenziale ti­tolare dei terreni per conto della collettivi­tà gualdese, così come sancito dalla legge e da varie sentenze, tanto è vero che lo affer­ma nella lettera del 26/05/2016, non rico­noscendo le disposizioni della sentenza del Commissario agli Usi Civici pubblicata solo due mesi prima. Nel numero del “Il Nuovo Serrasanta” dell’aprile 2020 viene riportata questa non disponibilità a trattare da parte dell’azienda;

∙ Sorgente e pozzo: come nel 2014 viene riproposta la mistificazione di un pozzo ar­tificiale (R6) assurto a sorgente, con una nuova acqua diversa da quella Rocchetta, accertata perfino dal Ministero della Salu­te. I pozzi restanti, come noto, non dispon­gono dei titoli abilitativi necessari ed attual­mente il pozzo cosiddetto R1 è sottoposto a demolizione del cabinotto a protezione, dopo quanto disposto da una sentenza del Consiglio di Stato del luglio scorso;

∙ Capannone fondi da trovare, proprietà da accertare: il capannone a cui fa riferi­mento il progetto è il primo che si incontra salendo a destra, subito dopo le fontanelle, che seppure sembrerebbe essere in parte di proprietà della Comunanza, l’azienda lo “regala” al Comune il quale dovrebbe tro­vare 2 milioni di euro, quindi fondi pubblici, per ristrutturarlo e renderlo funzionale, se­guendo però le indicazioni suggerite dalla stessa azienda donatrice ed esplicate nel video (museo, ristorante…);

∙ Se nel capannone si vuole realizzare un ristorante, viene da chiedersi che fine farà l’ex pizzeria, mai citata nel video e comun­que essendo a ridosso di un pozzo (R1) da cui viene emunta acqua da imbottigliare ne esclude automaticamente qualsiasi attività antropica, per garantirne l’integrità secon­do quanto previsto dalla legge, nel raggio di almeno 10 metri,;

∙ Manomissione fiume Feo: dal video si può osservare una canalizzazione cementi­ficata del Fiume Feo per impedire, con un percorso manomesso, gli effetti dell’evento alluvionale del 2013. L’intervento che sem­bra piuttosto impattante e irreversibile è in­serito in un’area considerata di particolare pregio naturalistico, assoggettata a vincoli ambientali perché appartenente alla Rete Natura 2000 istituita dall’Europa per la conservazione della biodiversità, come sito ZSC denominato “IT 5210014 “Monti Mag­gio – Nero” (DGR n 252 del 13/03/2012). Occorre ricordare che all’interno di tali aree, secondo la Direttiva Habitat di riferi­mento, i piani e progetti non direttamente connessi o necessari alla gestione di un Sito Natura 2000, devono essere sottoposti a Valutazione di Incidenza (VIncA) e di Misu­re di Compensazione per la valutazione e la compensazione dei possibili effetti nega­tivi; ∙ Il video è ambientato in un accattivan­te paesaggio alpino ma purtroppo il vero paesaggio appenninico che ci circonda è ben diverso, non certamente meno bello, ma il primo, a dispetto del secondo, richia­ma nell’immaginario un’idea di quel luo­go dopo questi interventi, villeggiante ed esotica come ci aspettiamo di trovare per le ferie, che non corrisponde alla realtà dei fatti, per ovvie ragioni morfologiche e geo­grafiche e soprattutto per la sua generale e concreta irrealizzabilità, soltanto se le con­dizioni normative fossero semplicemente rispettate.

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