Uno spettacolo deprimente

di Antonio Pieretti –

All’improvviso la scuola è diventata un argomento di interesse nazio­nale. Se ne è parlato dall’inverno scorso e se ne parlerà ancora per molto tempo. Le reti radiofoniche e televisive vi stanno dedicando ore e ore di trasmissione. Tanto interesse non può che fare piacere a quan­ti hanno a cuore le sorti della democrazia, dal momento che la scuola ne è uno dei pilastri. Oltre a fornire ai ragazzi le nozioni indispensabili per rag­giungere una sufficiente autonomia di pensiero e acquisire le competenze necessarie per l’esercizio di un lavoro, di una professione, essa li aiuta an­che ad inserirsi nel contesto sociale in modo consapevole e responsabile. Gli impone, infatti, di uscire dal guscio protettivo dell’ambiente familiare e di confrontarsi con altri ragazzi di diversa provenienza, di altra cultura e di altra confessione religiosa. Attraverso queste esperienze, che possono essere esaltanti ma anche deprimenti, i ragazzi scoprono se stessi, pren­dono coscienza delle loro attitudini e si preparano a diventare artefici dei loro destini.

Tuttavia, non è questo il senso in cui la scuola oggi è diventata importante. Per le famiglie lo è sempre stata, ma non già per la politica, la quale non ha mai mostrato un particolare interesse per essa, altrimenti non assisteremo a così tanti episodi di bullismo e di razzismo dentro e fuori le aule scola­stiche. Ora se ne occupa perché ne ha fatto terreno di scontro e di lotta. Si sono confrontati prima di tutto sulla data della riapertura della scuola trasformandolo nel tormentone dell’estate. Poi, una volta fissata questa data, hanno spostato la polemica sui trasporti, sugli orari di ingresso, sui controlli e, da ultimo, sulle mascherine, sui banchi, sulla mancanza dei do­centi. Certamente questioni vere e serie, ma che avrebbero dovuto esse­re affrontate senza isterismi e con il buonsenso. Ma, purtroppo, questo è impossibile nel nostro Paese, perché abbiamo le elezioni ogni sei mesi e quindi siamo in campagna elettorale per tutto l’anno. Solo che così le per­sone diventano faziose e perdono la lucidità necessaria per ragionare pa­catamente e decidere secondo il bene di tutti, compresi coloro che vivono ai margini della società. Fino a che il dibattito politico sarà monopolizzato da uomini arroganti e faziosi, oltre che ignoranti e rozzi, come quelli at­tuali, non avremo da sperare nulla di buono né per noi né per i nostri figli.

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