A colloquio con Tatiana Minelli

di Elisabetta Scassellati –

Un’immagine vale più di mille parole.

L’essenza di questa frase di Confucio sta negli scatti di Tatiana Minelli, gio­vane fotografa di Gualdo Tadino che ormai da qualche anno incanta persone e follower con le sue fotografie e che è l’autrice del nuo­vo catalogo di Birra Flea.

Volti di uomini e donne, ragazzi, adulti, “Per­sone” colte nel loro essere più profondo, che si lasciano trascinare da questa maga dello scatto, in luoghi fantastici, magici, onirici ed ecco l’arte.

Tatiana quando hai iniziato a fotografare?

“A 16 anni mi hanno regalato una macchina fotografica e per qualche tempo non l’ho presa nemmeno in considerazione. Poi un giorno ho cominciato. Foto su foto fatte ai miei amici, che poi ho iniziato a modificare e da lì tutto è continuato”.

Cos’è per te la fotografia?

“La fotografia per me è un modo per espri­mere tutto quello che sento dentro, è un dire, quasi urlare quello che sono, quello che mi piace e non. E’ un denunciare le ingiusti­zie, ma anche un gridare la mia felicità. Gra­zie ai miei scatti, io sono riuscita ad aprirmi al mondo, ad essere me stessa, a diventare ciò che sono”

Come sono le tue foto?

Le mie foto, non so perché piacciano ma una idea nel tempo me la sono fatta. Sono forti, dirette, a tratti “crude”, vere, vivide. Forse serviva un messaggio che colpisse e le mie credo lo trasmettano.

La tua passione è diventata nel tempo arte, ne sei consapevole?

Mi sono serviti anni per arrivare a raggiunge­re una mia maturazione artistica e non solo perché il cambiamento nello scattare foto è andata di pari passo con il mio cambiamento fisico e psicologico.

Come definiresti la tua fotografia?

Terapeutica. La fotografia mi ha salvato la vita, mi ha permesso di esternare tutto quel­lo che penso e sono, i miei problemi, i miei traumi, che ho riversato nei miei scatti. La fo­tografia non è un semplice scattare, per me è un modo di comunicare e la macchina fo­tografica è semplicemente un mezzo che mi permette di dire qualcosa.

Cosa vuoi comunicare?

Una foto che non ti fa riflettere, che non ti scuote dentro, che non ti emoziona, per me è deludente. Uno stato non deve essere solo bello, ma ti deve far pensare e magari rimet­terti in gioco.

Quanto ti diverte il tuo lavoro?

Non solo mi diverte ma per me è una ne­cessità scattare foto. E’ anche un modo per relazionarsi con molte persone, instaurare rapporti umani. Io ricerco la bellezza, perché questa è anche dove uno meno se lo aspetta e lì io raggiungo il massimo.

Il binomio Fotografia – natura, quanto è im­portante nella tua arte?

Tantissimo, la natura è un ritorno al passato, è una boccata d’ossigeno, un ritorno all’ori­gine.

E’ facile diventare fotografa di moda oggi, visto che hai confezionato anche degli edi­toriali?

C’è un grande lavoro dietro alla fotografia nella moda, è un settore impegnativo e non è facile entrare in un mondo in continua evo­luzione

Nel gennaio 2020 ti è stato commissionato il nuovo catalogo Birra Flea. Una grande re­sponsabilità.

Sì, sono stata contattata dall’azienda che ha da subito espresso il desiderio di moderniz­zare il precedente catalogo ma non stravol­gerlo, quindi dopo aver buttato giù delle idee ed averle presentate ai dirigenti, che hanno apprezzato il lavoro, mi sono subito messa al lavoro. Una grande responsabilità ma an­che un grande piacere poter ideare il catalo­go delle 10 birre Flea.

Qual è stata la tua idea vincente?

Federico II, Bianca Lancia, Margherita, Isabel­la, Adelaide, Costanza, Anais, Bastola, Violan­te, impersonati rispettivamente da Mauro Cardinali, Vanessa Bianconi, Sara Mosconi, Maria Colaiacovo, Pamela Pucci, Catia Pecci, Alessia Anderlini, Natascia Catani, Alessandra Abbati, sono nomi importanti per il marchio Birra Flea ma soprattutto perché personaggi storici di rilievo, che conosciamo perché stu­diati nei libri di storia, ma nella quotidianità?

Dopo aver fatto un sopralluogo alla Rocca Flea, ho deciso di riportare a casa prima di tutto il re Federico II e a seguire tutti gli altri, di cui ho voluto cogliere attimi di vita seppur di mia immaginazione ma comunque il più possibile vicini al loro essere.

Quando hai potuto concretamente fare il catalogo?

Purtroppo anche in questo caso il covid ha dato non pochi problemi. Con tutte le at­tenzioni del caso, indossando i dispositivi di protezione e attenendosi rigidamente alle re­gole, siamo stati in grado di completare il ca­talogo in 2 giorni questa estate. Giorni intensi ma indimenticabili e ricchi di soddisfazioni, per un totale di 3000 scatti!

Hai progetti per il futuro?

Sì, dall’anno scorso mi piacerebbe fare un editoriale ben corposo con degli abiti di una stilista che mi piace molto e poi in ambito so­ciale, sto portando avanti dal 2019 il progetto “Proud” contro il bullismo verbale, che vede il coinvolgimento di altri 11 fotografi e di una psicoterapeuta di Torino.

Voglio far arrivare un messaggio chiaro con i miei scatti contro un tipo di violenza psicolo­gica che fa tanto male tanto quella fisica ed è quello del non sentirsi sbagliati, del denuncia­re quello che si subisce, del parlare di quello che si prova. Mi piacerebbe, quando i tempi saranno migliori, coinvolgere in questo pro­getto anche i ragazzi delle scuole perché le fotografie ci parlano e noi dobbiamo cogliere ogni singolo sospiro di ogni scatto.

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