di Antonio Pieretti –
Appartiene alla nostra attitudine mentale, di fronte a fatti che sembrano compromettere la stabilità del Paese, abbandonarci sconsolati allo sfogo “Questa volta abbiamo veramente toccato il fondo!”. E lo diciamo nella convinzione che abbiamo raggiunto un limite che riteniamo impossibile superare. Eppure, recenti avvenimenti hanno dimostrato che la politica è capace di smentire questo luogo comune. All’indomani della pesante sconfitta subita nelle ultime amministrative, due schieramenti politici si sono affrettati a farne risalire la causa al forte assenteismo, cioè al fatto che gli italiani hanno scelto di disertare le urne. Non si sono interrogati sulla loro incapacità di coinvolgere l’elettorato, di dargli una ragione per andare a votare, e quindi per esercitare un diritto/ dovere in modo consapevole e responsabile, ma hanno preferito far ricadere su quest’ultimo la responsabilità della loro débacle. Si sono guardati bene dall’ammettere che, a causa delle loro ambiguità, delle loro lotte interne, del protagonismo insopportabile dei loro leader, hanno perduto credibilità e fiducia tra la gente.
Quando poi si sono resi conto che l’alibi dell’assenteismo era insostenibile, i due schieramenti politici hanno cambiato atteggiamento e sono ricorsi a una nuova strategia. Siccome fanno parte della coalizione di governo, si sono inventati la favola che la sconfitta era da addebitare ai sacrifici e alle rinunce a cui hanno dovuto sottostare per consentire alla legislatura di andare avanti fino al 2023. E, come se non bastasse, hanno cominciato a brandire l’arma del ricatto, minacciando a giorni alterni, a seconda dell’andamento dei sondaggi, di uscire dalla coalizione, se le loro richieste non fossero state soddisfatte. Ora, a parte il fatto che, in una coalizione, le richieste vanno discusse e concordate e non imposte, occorre sempre valutare se rispondono ai bisogni reali del Paese e se non sono in contrasto con il bilancio dello Stato. Occorre anche tenere presente se e quanto sono urgenti e se contribuiscono effettivamente a ridurre le distanze tra i cittadini, a incentivare l’occupazione, e quindi a favorire la crescita economica e l’equità sociale.
Ora, visto il comportamento da irresponsabili che queste forze politiche hanno scelto di tenere, c’è da chiedersi che altro si inventeranno in vista delle elezioni politiche previste per il 2023. Saranno capaci di guardare oltre gli interessi di bandiera, le lotte interne, i conflitti personali? Riusciranno a rendersi conto che il Paese ha bisogno di un fronte unitario per vincere le sfide che è chiamato a sostenere per risolvere il problema energetico, per frenare il rincaro dei prezzi, per ridurre la povertà, per eliminare le diseguaglianze, per dare un avvenire ai giovani? Per quello che mi riguarda, ci credo poco, perché sono assetate di potere, accecate dall’aspirazione a comandare. Peraltro, sono sicure che una crisi di governo gioverà a soddisfare le loro aspettative o non farà il gioco di altri schieramenti politici? Inoltre, quanti, tra gli attuali parlamentari li seguiranno in questa scellerata scelta, dal momento che, con le nuove elezioni, solo la metà di essi potrà occupare gli scranni del Parlamento. In ogni caso, se l’elettorato non va a votare, vuol dire che non intende assecondare le loro scellerate ambizioni, perché non vuole vedere compromesse le speranze che i segnali di ripresa lasciano intravvedere.
