Meno false del previsto – Le Cronache di Gualdo su cui ha messo le mani il falsario mevanate Ceccarelli sono, in realtà, tutelate dalla tradizione manoscritta

di Pierluigi Gioia

La tesi secondo la quale la storiografia medievale gualdese sia, in realtà, un falso storico, che cita Matteo Bebi nell’articolo Il mon­do dei fonemi antichi dello scorso numero, è di vecchia data. Da questa deriva, quindi, anche la tesi secondo la quale tutte le testi­monianze che documentano una continuità storica fra Tadino e il centro medievale di Gualdo, altrimenti poco supportabili dal pun­to di vista archeologico, risultino infondate. Esisterebbe, in questo caso, un enorme buco nella storia della nostra città dall’inizio del VI sec. (l’età a cui risalgono le più recenti monete romane ritrovate negli scavi, finora effettuati, a Tadinum) ad almeno l’inizio del XIII secolo. Un enorme buio che l’autore della Cronaca gualdese (che non è il mitico fra Paolo) avrebbe, in qualche modo, riempito per nobilitare il luogo in cui si trovava a vivere fra XIII e XIV secolo.

Fu Luigi Fumi (1849 – 1934) il primo a mettere in dubbio l’autentici­tà della cronaca gualdese, attribuendola senza mezzi termini al fa­migerato falsario di Bevagna Alfonso Ceccarelli (1532 – 1583), fatto decapitare da papa Gregorio XIII, al termine di una lunga attività di contraffazione di decine di opere; quella che il Fumi ritiene la più ceccarelliana di tutte è la “Cronaca dei Signori di Brunforte”, che è citata più volte nella Cronaca di Gualdo. E poiché, in altre opere di Ceccarelli, è persino citato il “Chronicon Gualdense”, si dedurrebbe senza ombra di dubbio che la cronaca di Gualdo null’altro sarebbe che una falsificazione di Ceccarelli che, poi, grazie alla testimonian­za di tutti gli storici successivi che in buona fede la scambiarono per autentica, fu effettivamente considerata un’opera storica genuina. Anche lo studioso francese François Fossier ritiene la Cronaca di Gualdo un falso, oltre che per la citazione della Cronaca dei signori di Brunforte, anche perché vi verrebbe raccontato il ritrovamen­to delle tavole eugubine, evidente anacronismo: come poteva uno storico del Due-Trecento citare un ritrovamento del 1456? In real­tà, il passo citato dal Fossier si riferisce al ritrovamento di epigrafi marmoree nella zona della città romana di Tadino. Ma la tesi della falsificazione è stata sostenuta anche negli anni Novanta da due studiose (Erminia Irace e Isabelle Heullant-Dunat), le quali, in un vivace ed interessante saggio dal titolo “Amici d’Istorie”, citato lo scorso numero da Matteo Bebi, affermano che non solo la Cronaca è un falso ma che anche gli studiosi successivi (sedicenti “amici d’i­storie”, come a dire “compagni di merende”) ne erano in qualche modo a conoscenza e, in pratica, furono complici a distanza della falsificazione. Una sorta di “complotto storico” d’altri tempi…

Ed allora? Pare assodato che la storiografia medievale gualdese viva sotto il segno della menzogna?

In realtà, il castello accusatorio vacilla paurosamente semplice­mente andando a leggere tutti i manoscritti della tradizione che, integralmente o in parte, riportano la cronaca. Lo schema (stemma codicum in linguaggio tecnico) è riportato in alto a destra. Si sco­pre, allora, in primo luogo che la famigerata “cronaca dei signori di Brunforte” è citata in alcuni estratti dalla cronaca redatti dall’uma­nista jesino Angelo Colocci (1474 – 1549): vescovo di Nocera dal 1537 al 1545, vergò di suo pugno questi estratti (evidenziati dalla lettera d corsiva nello stemma) proprio in questo periodo. Ebbene: Alfonso Ceccarelli, nato nel 1532, a quest’epoca, era adolescente e non pubblicò nulla prima del 1564. Le citazioni di quest’opera nella cronaca di Gualdo, quindi, non le inserì lui. E leggendo e con­frontando tutti i manoscritti, si deducono altri fatti inconfutabili: i due testimoni più completi dell’opera, A (Vat. Ottoboniano 2666) e B (quello esemplato dall’umanista folignate Dorio) riprendono entrambi da un esemplare a pieno zeppo di errori di scioglimento delle abbreviazioni, di omissioni dovute ad omoteleuto e vari altri svarioni riconducibili alla scarsa cultura dell’amanuense. Ce ne sono centinaia. Questi “errori significativi” distinguono questo ramo della tradizione dall’altro, costituito da un apografo b (oggi scomparso) dell’originale (W). Un apografo che è completamente indipendente dal codice a (proprietà del gualdese Angelo Moroni), che fu sicura­mente visto dal Ceccarelli. Questo ramo della tradizione, dunque, è diverso da quello di cui, probabilmente, entrò in possesso quest’ul­timo, perché l’ipotesi che il falsario abbia contaminato l’uno e l’altro ramo, in maniera indipendente e in due momenti diversi, è antieco­nomica. E questo ramo, immune da questa falsificazione, contiene, in pratica, tutte le informazioni fondamentali sulla storia gualdese, compresi i cataloghi delle località possedute dal Comune di Gualdo. Insomma, tutte le attestazioni della continuità storica fra il municipio romano di Tadino e la città di Gualdo. Queste informazioni, teste il Colocci, sono genuine. Ecco perché dire che la storiografia gualdese sia un falso è, perlomeno, una esagerazione.

Elenco dei testimoni della tradizione manoscritta

w codice conservato presso il convento di San Francesco in Gual­do (perduto); s materiale di lavoro del compilatore del codice di San Francesco (brano su Federico II) (perduto); a codice “apud capitaneum Angelo Moroni” (attestato ma perduto); b codice contenente il brano aggiuntivo su Federico II (ipotetico); B copia di Dorio (Foligno, biblioteca “Jacobilli”, ms. A VI 6); A copia del Vaticano (Vat. Ottoboniano 2666); c estratti contenuti nel Chro­nicon Gualdense (Vat. Chigiano G VI 157); c1 copia veneziana del Chronicon Gualdense (Codex descriptus); d estratti del Colocci, (Vat. Lat. 3903); e estratti di Jacobilli (Foligno, biblioteca “Jaco­billi”, C III 12); f estratti di Gubbio (Gubbio, Archivio comunale, fondo Armanni, III C 3); G (Biblioteca della cancelleria vescovile, ms. 138); H Prima copia del Cajani (Gualdo Tadino, biblioteca del capitolo cattedrale, senza collocazione). I Seconda copia del Cajani (Foligno, Biblioteca comunale, ms. F 55. 3. 190); L Copia di Gubbio (Biblioteca della cancelleria vescovile, ms. 139); M Copia dattiloscritta un tempo proprietà di don Gino Sigismondi

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