di Flavio Paoletti –
Nel nostro comune si aprirà una discussione importante che riguarda tutto il territorio con la possibilità che nascano attività produttive molto impattanti dal punto di vista ambientale.
E’ interessante ragionare sul controllore di queste attività, lo Stato inteso nella sua interezza dagli uffici di prevenzione locali fino al ministero dell’Ambiente. Quando una attività di ridotte dimensioni non rispetta le prescrizioni in materia ambientale è molto probabile che venga scoperto con tutte le conseguenze del caso. E’ lo Stato forte verso i cittadini che si comporta in maniera rigida per tutelare la salute di altri cittadini e così ad esempio se una lavanderia non rispetta le prescrizioni viene chiusa e ordinata l’inagibilità dei luoghi per diverse mesi. E quando le mancate prescrizioni sono appannaggio di un grande insediamento industriale? In quel caso il comportamento dello Stato è a dir poco ondivago. Prendiamo l’esempio storico più vicino a noi, una acciaieria che per decenni non si è mai adeguata alle prescrizioni intaccando la salute di migliaia di persone di una intera città. In quel caso la tutela dell’ambiente e la salute è affiancata ad altri concetti che vanno dall’ importanza strategica per il sistema Italia della produzione, dalla continuità produttiva per tutelare la proprietà,dalle ricadute occupazionali dirette ed indirette, fino a concetti non scritti come l’eventuale consenso che genera per il politico di turno nell’ esprimersi a favore o contro quel sito produttivo. Nasce in questi contesto la Deroga, la possibilità di proseguire magari con la promessa di adeguarsi (con calma). Ecco il caso di un biodigestore in Umbria che emanava malodori in tutta la piana e che è andato avanti per anni ad operare per buona pace di tutti i cittadini ed istituzioni che ne chiedevano il fermo immediato visto il permanere del problema.
E se a tutto questo ci aggiungiamo anche le attività di lobbing lecite e meno lecite che vengono svolte anche verso la commissione europea è chiaro che il quadro in ambito ambientale è completo. I siti produttivi impattanti faticano a nascere,ma una volta insediati possono solo crescere aumentando il loro impatto. L’inceneritore di Brescia nato con la garanzia di bruciare 250 mila tonnellate annue, è partito con 500 mila per arrivare dopo pochi anni a costruire una terza linea arrivando a 800 mila tonnellate tanto che anche lì come altrove è sovradimensionato per le esigenze del territorio (ma non della proprietà). E ritornando all’acciaieria, lì vediamo pezzi di Stato che si scontrano con altri pezzi di Stato, infiniti iter giudiziari in cui lo Stato centrale è contro la Regione ed il Comune mentre l’attività continua pressochè indisturbata. Ed in tutto questo i cittadini che si oppongono sono secondo il clichè ambientalisti radical chic, comitati di tutti-no, persone con la sindrome di Nimby e complottisti contro il futuro. Speriamo allora che agli stessi cittadini rimanga almeno il “diritto di essere preoccupati” per questo progetto impattante e per come si comporta lo Stato, sempre che questo diritto non diventi un reato!
