di Vittorio carini –
C’è un abisso dentro il monte Serra Santa che da un modesto buco nel prato sotto l’Eremo, scende per duecentosedici metri. Ancora oggi, a quarant’anni dalla sua esplorazione, è la grotta gualdese con maggiore sviluppo e la più profonda, è la quinta in Umbria per dislivello. I percorsi al suo interno sono per lo più verticali, si alternano pozzi mai troppo grandi e stretti passaggi, fino a perdersi in un meandro discendente, caratterizzato da brevi salti e dimensioni appena utili per passare: siamo nei temibili Mazzaburelli e infine nella Terra di Brenco. Mazzaburelli e Brenco sono nomi presi a prestito dall’immaginario favolistico gualdese, i primi sono folletti dispettosi che mettono sottosopra casa (infatti sconvolsero le aspettative dei primi esploratori, che dopo un progressivo aumento delle dimensioni della grotta si ritrovarono in un misero budello), l’altro è l’incubo che sveglia di notte, un’inquietante presenza in sogni agitati: Brenco è l’ultimo condottino fangoso e a volte allagato, raggiunto il ventiquattro novembre del 1984 e che, nonostante scavi accaniti, decretò la fine delle esplorazioni in Buco Bucone, fu il brutto risveglio dopo un bel sogno. Buco Bucone è una grotta tutta gualdese, il risultato della tenacia del Gruppo Speleologico Gualdo Tadino nato nel 1976, che qui ottenne il risultato più bello dopo un lavoro disperato, alla ricerca di quel vasto mondo sotterraneo promesso dai calcari dei nostri monti ma negato dall’assenza di ingressi e di vie facilmente percorribili. Lo scavo e l’esplorazione di Buco Bucone costituirono un prima e un dopo, non solo a livello locale: la speleologia, a partire dagli anni ottanta del novecento, non ebbe più grotte con ingressi agevoli ed evidenti, ma affidò a scavi, lunghi e dall’esito incerto, le speranze di accedere alle vie profonde, e il gruppo gualdese tra i primi dimostrò che ciò era possibile. Un affossamento nel prato, cinque anni di scavi, a meno undici metri il passaggio chiave, oltre un tappo di fango: sotto c’era il buio di un pozzo, ma sul fondo ancora un pavimento ostruito da massi, che gli speleo gualdesi oltrepassarono trovando un cunicolo (la Truppella) che affacciava sul vuoto. Altro stop in fondo al pozzo Cecapolli, altro scavo, altro cunicolo, altri pozzi, fino all’ultimo Mazzaburello, oltre i meno duecento metri. Altri scavi, per tre lunghi anni prima di alzare bandiera bianca, anche sconfortati dalla geologia del luogo: avevamo raggiunto lo strato dei poco permeabili Diaspri, che si frappone tra il Calcare Maiolica dove eravamo finora scesi e il sottostante Calcare Massiccio, dove l’abisso potrebbe continuare (e lo farebbe alla grande). Una grotta, come qualunque ambiente colonizzato dagli umani, va adattata, per essere discesa ha bisogno di un “armo”, un sistema di ancoraggi a cui appendere le corde impedendo ogni sfregamento con la roccia: Buco Bucone ha fin dall’inizio avuto un armo impeccabile, tanto da essere utilizzata ripetutamente per corsi, anche nazionali, o per visite di altri gruppi speleologici. Ma progressivamente perse interesse, anche per i mutati obiettivi del “suo” gruppo. Il GSGT negli ultimi vent’anni ha allargato i propri interessi ad altre zone carsiche, in loco ha previlegiato monte Maggio, con un’assidua ricerca che ha portato a una decina di nuove grotte e a raggiungere la profondità di meno cento metri nel Complesso dell’Ultima Luna – Topoelefante. Contemporaneamente in questi anni la speleologia sta soffrendo, a Gualdo in modo particolare, una crisi di “vocazioni”, si fa fatica a motivare giovani per affrontare una disciplina tanto dura quanto poco appariscente e gratificante. Buco Bucone perciò è rimasta in ombra, poco frequentata e senza manutenzione delle sue vie. Ma un gruppo non può trascurare a lungo le sue radici: dopo sporadiche segnalazioni che chiedevano verifiche su passaggi critici, si è tornati dentro il Serrasanta per riprendere in mano la situazione. Con l’aiuto di gruppi vicini (Buio Verticale di Gubbio, G.S.CAI Perugia, Sezione Speleologica di Città di Castello) e il supporto della Federazione Umbra Gruppi Speleologici l’armo è stato completamente rinnovato, la grotta ripercorsa senza riscontrare nuovi pericoli (con un pensiero agli ultimi terremoti che hanno afflitto queste terre), pertanto frequentabile rispettando le norme consuete che tengono lontani incidenti. Chissà che il ritorno a Buco Bucone non sia di sprone per novelli geografi del buio che sopportino fango freddo e fatica in cambio dell’incomparabile gioia dell’esplorazione, chissà che altri occhi (aiutati dalle nuove tecnologie, come la stazione di rilevamento delle temperature, dei gas e dei flussi d’aria assemblata dal GSGT e lasciata per lunghi periodi a meno 180 metri) non sappiano trovare quel passaggio oltre i Diaspri, negato ai vecchi del gruppo proprio da quei Mazzaburelli, irriverenti e burloni, che incautamente elessero guardiani della grotta.
