di Pierluigi Gioia –
Gualdo Tadino è sempre controcorrente: l’ho sempre detto. Ci abbiamo scherzato su a proposito dell’erba, che qui non si taglia come tutti gli altri posti del mondo, e su tante altre questioni. Ma ne volete un ulteriore e decisivo esempio? Aprite un qualunque quotidiano o guardatevi un semplice telegionale in televisione: di che cosa si parla, di questi tempi? Ahinoi, solo di guerra e non per un gusto perverso di voler trattare unicamente di cose negative ma perché, in questi frangenti, nel mondo, sono attivi almeno 70 conflitti, alcuni dei quali sono almeno agli onori della cronaca, come quelli fra Ucraina e Russia, fra Israele e Palestina, fra Israele ed Iran. Altri, come la guerra civile del Congo, della Somalia o dello Yemen, solo per fare qualche esempio, sono praticamente sconosciuti al grande pubblico.
Il mondo, quindi, è in fiamme e la guerra sembra l’unico modo per risolvere i problemi, tanto che si parla già da mesi di riarmo anche in un Paese come il nostro, che ha una Costituzione tanto lungimirante da accettare la guerra unicamente come strumento di difesa della patria e non di risoluzione delle controversie internazionali.
Insomma, mi stai antipatico? fai qualcosa contrario ai miei interessi? Bene, allora io ti bombardo e, magari, anche in modo intelligente, senza fare danni collaterali. Come se ci fosse qualcosa di razionale nei conflitti armati. E come se fosse mai esistita una guera senza “effetti collaterali”.
Si vis pacem, para bellum, dicevano i latini. “Ecco: dopo che ti ho bombardato, adesso facciamo la pace” dice Trump a Khamenei.
Niente di nuovo sotto il sole.
A Gualdo Tadino, invece, in un clima decisamente controtendenza, è scoppiata la pace. Eh, sì: la nostra città dà il buon esempio. Dopo una contesa durata oltre un decennio, fatta di minacce e controminacce, dispetti e ritorsioni, urla e controurla, cause e controcause, affermazioni di principio e controaffermazioni di principio, ebbene, sì: Comune e Comunanza agraria Appennino Gualdese hanno sotterrato – come si suol dire – l’ascia di guerra, come già accaduto nel ridente borgo di Costacciaro circa un decennio or sono fra il Comune e la locale proprietà collettiva, l’Università degli uomini originari di Costacciaro, un tempo in casua, oggi in pace.
Insomma, ce n’è voluto di tempo ma, alla fine, ci si è resi conto che non ne valeva la pena. Già viviamo in una zona marginale, in cui i finanziamenti, istituzionali e straordinari, arrivano col contagocce e che ci mettiamo a fare? A litigare? Come i capponi di manzoniana memoria che Renzo portava all’avvocato Azzeccagarbugli? Anziché far fronte comune contro il progetto di città-regione che l’Umbria persegue da decenni? Ci mettiamo a litigare per due spiccioli, noi che siamo una realtà in progressiva decadenza economica e demografica? E, magari, mandiamo a monte progetti che potrebbero essere realizzati per ripicca contro il rivale? e lasciamo che, in questa faida senza senso, chi ci vada di mezzo sia proprio il nostro territorio e le sue potenzialità attrattive? Non so, come: “Ti rimetto a posto a mie spese il secondo e terzo laghetto di Valsorda”, “No, grazie: devi lasciarli come sono…”
All’ombra del monte Cucco l’avevano già capito con un po’ di anticipo che collaborare è meglio che spendere una buona fetta del già magro bilancio comunale in cause ed ora l’intuizione è giunta fino alle pendici del Serrasanta. Ora, è giunto il momento di mettersi l’uno al fianco dell’altro e di lavorare perché questo nostro territorio svolti decisamente pagina e divenga 1) una zona di interesse ambientalistico, naturalistico e turistico, in cui poter fare quella che, un tempo, era chiamata la “villeggiatura” in un ambiente il più possibile incontaminato e, soprattutto, curato in ogni dettaglio, con una qualità di vita superiore; 2) un territorio sotenibile, pulito, senza impianti falsamente ecologici come inceneritori, biodigestori e colossali centrali eoliche; 3) un polo di innovazione e ricerca scientifica, in cui si progetti il futuro nella maniera più sostenibile possibile e, in cui, le poche attività industriali siano o tradizionali, piccole e poco impattanti, oppure ad alta tecnologia, a basso livello di inquinamento e di impatto ambientale; 4) un polo educativo, in cui i giovani vengano condotti a conoscere il loro territorio e a studiare quanto loro serve per inserirsi, da protagonisti, nel locale sistema produttivo, senza necessariamente dover abbandonare la propria città per lavorare.
Che? Vi sembra che io stia facendo la campagna elettorale? Che voglia presentarmi alle prossime elezioni come sindaco?
Manco per sogno! Il sindaco, provvidenziale, noi già ce l’abbiamo.
Se voi guardate a tutto ciò che è successo, vi accorgerete che il nostro tre volte sindaco era proprio quello che ci sarebbe dovuto essere. Gualdo, un tempo città della ceramica, dopo la stretta di mano fra il sindaco e la Monacelli, ora è divenuta la nuova “città della pace“, la nuova “Gerusalemme” (Yeru Shalem, in antico aramaico significa, infatti, “città della pace“), molto più di quanto l’attuale leadership israeliana abbia reso la vecchia, un tempo santa per ben tre religioni: l’ebraica, la cristiana e l’islamica. E proprio qui che si vede la provvidenzialità di tale pace, giunta del tutto inattesa. In ebraico, pace si dice shalom, parola che corrisponde perfettamente al salam della sorella lingua araba. Da noi, come si sa, i salami li fa buoni Fazi e c’abbiamo un Presciutti tre volte sindaco. Insomma, non è un caso: salami saremmo noi a non farlo sindaco per la quarta volta…
