L’arte di fare il miele: “Riflessi”…d’autore. Come si trasforma un hobby di famiglia in una attività produttiva. A colloquio con Fabio Pascolini

di Riccardo Serroni –

Come ti trasformo un hobby di famiglia in una fiorente attività produttiva. L’e­sperienza che ci racconta Fabio Pasco­lini è una sintesi della inventiva e dell’intra­prendenza che ha caratterizzato da sempre il dna gualdese.

Fabio lavorava alla Merloni di Fabriano come installatore di robotica, una mansio­ne che lo portava continuamente a viaggia­re in ogni parte del mondo. Un lavoro da glob trotter che inizialmente ti può entu­siasmare ma che a lungo andare può logo­rare sia fisicamente che psicologicamente. Da qui inizia ad insidiarsi il desiderio di ri­cercare qualcosa che non lo costringesse a stare sempre così lontano dal suo paese e, soprattutto, dagli affetti familiari. L’intu­izione felice è partita proprio dal contesto famigliare. Durante la crisi iniziata nel 2008 il suggerimento che veniva dato a chi per­deva il lavoro e doveva ricominciare dacca­po era quello di ripartire da una certezza, cioè dalle cose che sapeva fare meglio. Per Fabio la motivazione è stata diversa ma il percorso è iniziato da quella certezza. Nel­la sua famiglia la tradizione di fare il miele si è tramandata di padre in figlio da una cinquantina di anni. E complice l’incorag­giamento di un suo cugino (“perché non ti metti a fare il miele?”) ha intrapreso quel percorso con passione e competenza.

“In seguito al suggerimento di mio cugino ho deciso di provare. I primi 12 alveari li ho acquistati proprio da lui, poi da 12 sono di­ventati 30, poi 60 e così via. Ho iniziato 10 anni fa”.

Subito come attività produttiva e commer­ciale?

“No, prima come al­levamento famiglia­re. Poi quando sono arrivato a 50/60 al­veari ho acquistato il capannone in via Sil­vio Pellico, ho attrez­zato il laboratorio e con questo ho avuto la possibilità di am­pliare la produzione e commercializzar­la come un’azienda vera e propria. Ed ormai, sia per me che per i due collaborato­ri, è un’attività lavorativa a tutti gli effetti”.

Riflessi è un’azienda agricola individuale intestata a Pascolini Fabio. Poi si sono ag­giunti altri due collaboratori che operano in sinergia con Fabio Pascolini e nel suo capannone ma non sono dipendenti. Bensì collaboratori con una loro identità ammini­strativa:

“Fabrizio Parlanti, che è di Gualdo Tadino, fa lo stesso mio la­voro, cioè seguiamo insieme circa 500 alveari da cui estra­poliamo miele, polli­ne e propoli grezza. Mentre Massimiliano Rapaccioli, che è di Nocera Umbra, è en­trato quest’anno e si è specializzato nella produzione di pappa reale.”

“Sono tutti nel territo­rio di Gualdo Tadino. E con questo crediamo di apportare anche un servizio importante per tutta la popola­zione gualdese per l’intensa impollinazio­ne che stiamo facendo gratuitamente. Per tutte le piante, frutteti e così via, l’impol­linazione è massima perché con 500 alve­ari parliamo di circa 20 milioni di api che si muovono sul nostro territorio”.

I terreni che utilizzate di chi sono?

“Una settantina di alveari sono su terreni di nostra proprietà, per il resto sono di priva­ti ed in questo troviamo la massima colla­borazione. Quando chiediamo una piccola porzione di terreno per impiantare un alve­are la gente è tutta contenta”.

Le zone preferite sono la pianura o la col­lina?

“Sono quasi tutti in alto, da Monte Camera a Pieve di Compresseto, Grello e così via. Ma ce l’abbiamo anche in pianura in via Sil­vio Pellico, alla Madonna del Piano, a Cer­queto. Adesso stiamo facendo una nuova postazione a Borgonovo”.

Quali tipi di miele producete?

“Il nostro miele è millefiori e non facciamo monoflora perché nel nostro territorio c’è una fantastica biodiversità. Proviamo tutti gli anni a produrre miele di acacia perché ce lo chiedono in tanti, ma il territorio gual­dese non ce lo permette, anche se ci ab­biamo provato. Per vendere miele di acacia dobbiamo fare delle analisi. E per due o tre anni consecutivi il ritorno delle analisi da Bologna ci hanno dato sempre mille fiori. Perché è vero che le api possono essere fi­delizzate nel solo fiore di acacia, però c’è sempre qualche ape dissidente che va su altri fiori e quindi il risultato è sempre mille fiori, non siamo mai riusciti a fare un’acacia pura. Quindi abbiamo deciso di rinuncia­re, di non spendere ulteriori soldi per fare queste analisi e di vendere tutta la nostra produzione come millefiori”. Nonostante questo, però, se gli alveari li impiantate tutti a Gualdo significa che ci troviamo in un luogo ideale?

“Sicuramente. Io faccio parte di un’associa­zione che si chiama AES (Apicoltura Etica e Solidale) che comprende la zona dell’Al­ta Umbria. Nel perugino, nel marscianese questa biodiversità non c’è. Infatti ci invi­diano tutti il nostro territorio. Siamo un po’ condizionati dal clima perché fino ad aprile da noi è freddo, però dalla tarda primavera all’estate riusciamo a fare una produzione di livello mediobasso. Ogni alveare in me­dia può produrre dai 15 ai 20 Kg. Ed anche la qualità del nostro ambiente è ottima.

Siamo più puliti noi che il Parco Nazionale del Circeo. L’ape è anche un biondicatore. Se le api stanno bene significa che l’am­biente è sano ed a Gualdo abbiamo veri­ficato che le nostre api stanno benissimo”.

In ogni alveare quante arnie ci possono es­sere?

“Dipende dalla fioritura che c’è intorno. Poi la produzione dipende anche dalle condi­zioni atmosferiche in relazione alla pioggia, al caldo, all’umidità”.

Tecnicamente come si fa a moltiplicare gli alveari? Le api da dove le prendete?

“Se io prendo un telaio con le api che stan­no attaccate, lo metto in un’altra cassa e la porto almeno a 3 Km di distanza, perché altrimenti le api tornerebbero indietro, nel giro di 30 giorni le api si ri­faranno una nuova regina. Ovviamente poi lo sviluppo della nuova famiglia richie­de un po’ di tempo. Le api nascono ogni 21 giorni”.

La vendita è circoscritta a Gualdo Tadino oppure spa­zia ovunque?

“Prevalentemente a Gual­do Tadino e dove abbiamo avuto una bella risposta. E dobbiamo dire grazie ai commercianti gualdesi che hanno preferito vendere un prodotto locale, autoctono. Siamo anche su Fossato e ne vendiamo una bella quantità anche ad una si­gnora di Rasiglia. C’è poi da aggiungere che la maggior parte della gen­te viene ad acquistarlo nel nostro punto vendita in via Silvio Pellico. Da quest’anno abbiamo anche attivato un servizio di bom­boniere per battesimi, cresime, comunioni e matrimoni ed anche in questo c’è stata una bella risposta”.

Vi siete attivati per le vendite on line?

“Non ancora. Abbiamo già acquistato i do­mini e non è escluso che lo faremo. Però attualmente siamo appena sopra tra la produzione e la ven­dita. Prima di pensa­re ad ingrandirci pen­siamo al benessere delle api, che devono stare bene. Poi po­tremo parlare anche di una maggiore pro­duzione. Quest’anno abbiamo anche fatto una buona produzio­ne di api regine ed abbiamo venduto an­che quasi 100 sciami e diversi chili di api. Con un’altra azienda che si chiama Bee­shake facciamo un prodotto elettromec­canico di cui abbiamo il brevetto a livello in­ternazionale e che portiamo tutti gli anni in fiera. Lo assembliamo nella nostra azienda e lo vendiamo. E’ una pinza da apicoltore alimentata a batteria con la quale si aggan­cia il telaio. Schiac­ciando il pulsante, con una microvibrazione del motore le api ca­dono nella cassa; e ciò ci consente di control­lare al meglio i telai e le nuove celle reali. Un controllo che va fatto ogni 5 giorni per ogni cassa nel periodo aprile/maggio, quel­lo in cui le api vogliono sciamare”.

Durante l’inverno le arnie vanno protette?

“Le leghiamo con una corda altrimenti i tetti volano via. Per il resto non facciamo niente perché le api si alimentano con le scorte che fanno e non sentono freddo perché hanno la capacità di termorego­larsi. All’interno dell’arnia ci sono sempre circa 35 gradi”.

Per diventare apicoltore è sufficiente l’e­sperienza famigliare o è necessario fare anche dei corsi?

“Ho iniziato con il corso di primo livello, poi un altro avanzato, e via via tanti altri per approfondire i tanti aspetti di un’attività che richiede anche competenze di carat­tere botanico Oggi sono anche un tecnico apistico della regione Umbria. La Regione si avvale di noi tecnici apistici per monitorare la situazione negli alveari umbri, per risol­vere problemi che dovessero emergere, ci confrontiamo su un tavolo tecnico nel caso di nuove normative”.

Siete soddisfatti complessivamente di come stanno andando le cose?

“Sì, siamo molto soddisfatti. Negli ultimi tre anni, da quando ho acquistato que­sto capannone, siamo decollati. E’ ini­ziata la collaborazione di Fabrizio che ha creduto in questo progetto ed ha deciso di lasciare un ottimo lavoro che aveva. E quest’anno è arrivato Massimiliano che si è dedicato alla produzione di pappa re­ale, un prodotto su cui puntiamo molto. Siamo la prima e unica azienda in Umbria che produce la pappa reale di tipo 1 certi­ficata. Nella tipo 2 , prodotta soprattutto dai cinesi, è permesso di alimentare le api con dei surrogati. La tipo 1 non permette di alimentare gli alveari. La nostra produ­zione ancora è scarsa, stiamo acquistando delle regine per una maggiore produzione i pappa e crediamo di riuscire nel prossi­mo anno a fare una produzione almeno di 50/60 Kg. Consideriamo che il maggior produt­t o r e i n Italia è un pugliese che riesce a farne circa 3 quin­t a l i l’anno. Su 50 alveari c’è un grosso lavoro e la produzione si po­trà aggirare sui 50/60 Kg. Ci puntiamo molto perché in Italia se ne produce soltanto circa il 2% del fabbisogno, quindi c’è tutto un mercato da sfruttare. Ed in una buona fetta di questo mercato c’è anche a Gualdo. Ma pensiamo di rivolgerci anche ad un mercato più ampio, vendendola anche a Kg all’ingrosso”.

E’ un lavoro stagionale il vostro:

“Sì, stiamo fermi circa 3 mesi da dicembre a gennaio. Poi dopo l’inverno le famiglie ripartono, verso febbraio e marzo, se il tempo lo permette, cominciamo a fare le prime visite e poi continuiamo fino a ottobre”.

Per il futuro quali traguardi vi ponete? Di aumentare sempre di più il volume di affari oppure no?

“Ci siamo posti l’obiettivo di arrivare fino ai 700 alveari. Dopo ci fermeremo, non andremo oltre perché non riusciremmo a stargli dietro. Continueremo a frequentare corsi per aggiornarci sempre sulle nuove tecniche e le nuove strategie ed andremo avanti così”.

Nella zona ci sono alcuni produttori di miele a livello famigliare. Avete rapporti con loro?

“Siamo aperti a tutti. Tanto è vero, come ho già detto, che abbia­mo venduto oltre 100 sciami in tutta l’Umbria, 30 su Terni e gli altri 70 su Perugia, 5 a Gubbio e poi Casacastalda, Valfabbrica. Abbia­mo fatto dei seminari nella nostra azienda. Per quanto riguarda l’organizzazione la legislazione è cambiata. Fino a 10 alveari sei in autoconsumo, cioè il miele deve essere consumato all’interno del nucleare famigliare, non può essere nemmeno regalato al di fuori del contesto famigliare perché potrebbe essere contamina­to e quindi potrebbe essere dannoso. Dai 10 ai 30 alveari diventi azienda, puoi smielare a casa in uno spazio idoneo ma devi fare una comunicazione alla Asl che ti controlla e puoi vendere il miele nella tua provincia e nelle province limitofre. Noi, per la dimen­sione raggiunta, abbiamo un laboratorio riconosciuto dalla Asl e facciamo anche la lavorazione del miele per conto terzi ed in quel caso anche un piccolo produttore potrebbe venderlo perché il laboratorio è certificato dalla Asl. Alla Asl tra l’altro vanno co­municate le posizioni degli alveari per i quali tiene un censimento aggiornato. Per queste norme più restrittive di piccoli produttori ce ne sono più pochi”.

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